OMAGGIO A MARIA CALLAS

Domenica 8 Ottobre, ore 16,30 al Castello, Sala della Rocca.

Il salotto della Lirica:

LA DIVINA, omaggio a Maria Callas

La trasmissione di Telereggio, condotta da Ilaria Notari, straordinariamente a Montecchio Emilia

E SE CI TROVASSIMO PER UN CAFFÈ…?

Questo l’evento che l’Associazione Vicedomini-Cavezzi Sabato 29 aprile alle ore 17 in Sala della Rocca dedica ai propri soci e a tutti i partecipanti.

Già il titolo anticipa il “sapore” gradevole dell’iniziativa. E cioè non una conferenza, ma una conversazione nella quale le persone, con la piacevolezza di trovarsi insieme, possano confrontarsi sui temi delle ansie e dei timori che in particolare in questo ultimo periodo storico (ad esempio con la pandemia e, da ultima, con la guerra russo-ucraina ) sono affiorate nella nostra Comunità, condividendo esperienze e raccontandoci reciprocamente le nostre “strategie  di sopravvivenza”.

Lo faremo assieme ad un professionista dell’animo, lo Psicologo dott. Gabriele Mezzetti, nostro concittadino.  Una felice e gradita occasione.

Unendo i nostri sguardi al suo cercheremo di capire insieme come affrontare le nostre difficoltà individuali e collettive e come meglio orientarci nella nuova vita che, grazie al vaccino, è ripresa dopo la pandemia.

La sfida oggi è  dotarci, senza mediazioni, di un pensiero critico robusto, è abbandonare i percorsi della conoscenza finora praticati, è identificare e trovare nuove alternative.

Per essere più consapevoli di ciò che ci circonda. Per migliorare le nostre relazioni, aprirci al mondo e a noi stessi, imparando a conoscere noi e gli altri attraverso una maggiore ampiezza di vedute.  

Nel confronto fra i risultati pre e post pandemia è risultato evidente un calo dell’estroversione e dell’apertura mentale. La crescita del 60% del rischio di disturbi psichici è soprattutto sugli under 30. L’aumento del nevroticismo, la diminuzione della gradevolezza e della coscienziosità fanno sì che i giovani adulti siano meno collaborativi e fiduciosi, meno equilibrati e responsabili. Sono effetti impattanti sull’individuo, ma anche sulla società. 

Questi cambiamenti nella popolazione saranno permanenti?

Non lo sappiamo. Ma gli eventi stressanti di grande entità che interferiscono con la libertà personale e la salute possono davvero cambiare la traiettoria delle personalità delle persone colpite, sia giovani che adulte. Sui traumi da Covid rimasti, si è poi innescata la paura della guerra.

Ecco perchè dobbiamo imparare ad essere resilienti.

In psicologia la resilienza è definita come la capacità dell’uomo di affrontare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzato e addirittura trasformato positivamente. La resilienza è un talento o una predisposizione “naturale”?

Niente affatto.

La resilienza è fatta di pensieri e comportamenti. Che possono essere allenati. Allenati a vedere come trasformarci positivamente grazie a ciò che viviamo come avverso, sia per provare ad andare oltre, sia per convivere utilmente con una realtà sfaccettata e variegata.

Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis, «la storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera dell’antichità»: così scrisse, tra il 55 e il 54 a.c.,  Cicerone nel De Oratore (II,9). In sintesi afferma la funzione ammaestratrice dell’esperienza storica e suggerisce che, lasciandoci guidare dal passato, possiamo ragionare su come affrontare il presente per reindirizzare il futuro

Eppure, ciascuna delle più grandi pandemie della storia ha avuto implicazioni sanitarie, culturali e socioeconomiche che possono far riflettere ancora oggi. 

Un esempio su tutti, la peste che imperversò in Europa a varie riprese dalla metà del 1300 fino alla seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.

La “peste nera” trecentesca causò la morte di circa un terzo della popolazione europea, mentre quella tardo ottocentesca la morte di circa 10 milioni di individui in tutto il mondo. Non appena fu scoperto l’agente responsabile e la modalità di trasmissione furono avviate le prime forme di profilassi: fu Venezia a introdurre l’isolamento coatto dei malati, nell’isola del Lazzaretto Vecchio (1423), e la quarantena nell’isola del Lazzaretto Nuovo (1468) per tutti coloro che giungevano in laguna dalle zone esterne.

La scomparsa di un terzo della popolazione europea determinò poi importanti cambiamenti sociali: intere famiglie nobiliari o reggenti scomparvero, “uomini nuovi”, cioè individui senza curriculum aristocratico, giungevano fino alle più alte posizioni sociali. Infine, la mancanza di uomini per lo svolgimento delle attività produttive favorì, a quanto pare, la meccanizzazione dei mezzi di produzione: l’aratro pesante con lama in ferro e ricurva sostituì quello usato da millenni, a chiodo con punta in legno, fu gradualmente sostituito il bue con il cavallo nei lavori di aratura, furono introdotti nuovi sistemi di aggiogamento non più sul collo degli animale ma sulle spalle con un guadagno in celerità dei lavoro e in praticità.

Auspichiamo che il senso della locuzione sulla storia di Cicerone sia condivisa di più. E che, Cicerone a parte, si creda sempre di più al migliore antidoto contro le paure: la conoscenza (la cognitio della lingua latina). 

La pittura di Raffaello (1483 – 1520) tra naturalezza e grazia

Giornata mondiale dell’arte

Qui è quel Raffaello dal quale, finchè visse, madre natura temette di essere superata e quando morì ebbe paura di spegnersi insieme a lui”.

Così è inciso sulla tomba del sommo pittore di Urbino nel pantheon di Roma e per secoli è stato considerato il massimo pittore di sempre. 

Fin dalla giovane età Raffaello incontrò l’opera dei grandi maestri dell’ambiente artistico urbinate quali Piero della Francesca e il Laurana.

La scuola – bottega del perugino rappresentò il riferimento formativo fondamentale per Raffaello, che iniziò nel 1497 collaborazioni significative per la realizzazione di opere di grande valore.

L’artista nelle opere romane riuscì a sintetizzare la complessità della civiltà rinascimentale.

Nei soggetti allegorici della “stanza della segnatura” si afferma l’aspirazione a un ordine universale derivante dall’armonia delle idee fondamentali del vero, del bene e del bello e rispecchiato dal rigoroso impianto spaziale e compositivo delle scene.

Il ripensamento della tradizione classica coincide con l’accostamento a Michelangelo, mentre la spazialità umbra e il luminismo di Piero della Francesca sfociano in una visione monumentale unitaria.

A Raffaello Sanzio – con un’incredibile quantità di capolavori prodotti in soli 37 anni di vita – nel 2020, nel Cinquecentenario della sua scomparsa è stata attribuita una dichiarazione d’amore a un gigante sempre vivo. 

Raffaello 1483 – 1520 – la più vasta mostra che sia mai stata organizzata sulla sua opera.

In Europa nemmeno la pandemia ha potuto smorzare il clamore della grande mostra romana.

Da segnalare nel 2023 da Hayez a Raffaello “Brera in Humanitas” porta l’arte nei luoghi della cura.

L’iniziativa della pinacoteca di Brera con il centro di cura “Humanitas” di portare ingrandimenti ad alta definizione a tutta parete di capolavori di Raffaello, Piero della Francesca, Hayez. A beneficio dei pazienti e del personale sanitario della struttura ospedaliera costituisce un esempio da ripetere in modo continuativo e permanente nelle varie strutture di cura e non solo, penso anche agli edifici pubblici, quali ad esempio scuole, università, idealizzando così: benessere, accoglienza, educazioneformazione. Che la bellezza generi gioia e che ciò possa svolgere un ruolo terapeutico è patrimonio di conoscenza consolidato e scientificamente provato nel tempo.

Di Raffaello Sanzio ci parlerà approfonditamente il 15/04/2023, nell’incontro programmato, il prof. Roberto Tarasconi già docente di storia dell’arte e vicepreside del liceo artistico “P. Toschi” di Parma.

Aceto Balsamico Tradizionale, l’oro nero del nostro territorio

Aceto Balsamico IGP di Modena e Reggio, prodotto esclusivamente tipico delle nostre zone, ma con origini geografiche e nel tempo lontanissime.
L’uso di cuocere il mosto era diffuso in medio oriente già 3000 anni prima di Cristo ed esiste un dipinto egizio, attorno al 1000 a.e. in cui viene rappresentata questa cottura.
Con i Romani si ha addirittura un verbo specifico per indicare la cottura del mosto “DEFRUTARE“.
Columella, agronomo del I secolo d.c. dice che nella fattoria ideale va inserita una “cella defrutaria” dove il mosto cotto dovrà riposare per essere consumato dopo un anno, quindi con inizio di acetificazione.
Virgilio nelle Georgiche descrive una casa contadina di Mantova in cui una donna cuoce il mosto.
Quell’aceto era certamente diverso da quello che conosciamo per i diversi modi di produzione o per gli additivi eventualmente usati o addirittura per la rivoluzione dei contenitori dell’aceto che con i Romani erano anfore o doli in terracotta, poi con l’arrivo dei barbari sono arrivate le botti di legno.
Altre notizie, nel tempo , ci vengono da Donizzone raccontando che nel 1046 l’imperatore Enrico II chiede a Bonifacio di Canossa quell’aceto che a lui piaceva tanto e che si faceva nella rocca di Canossa.
Molte più notizie scritte ci vengono a partire dal 1598, anno in cui gli Este si trasferiscono da Ferrara a Modena.
La definizione di “Balsamico” compare nel 1747, perché considerato curativo per molti malanni, forse anche per la peste.
Si arriva poi al secolo scorso in cui vengono definiti disciplinari rigorosi e classificazioni di un prodotto che si può presentare con caratteristiche le più svariate, forse dovute anche al fatto che a differenza di altre produzioni tipiche (Grana) non necessita di associare più produttori, ma ogni singola persona può avventurasi nella produzione per sua passione, interesse, voglia, curiosità e ambire ad una propria specificità.

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