Aceto Balsamico Tradizionale, l’oro nero del nostro territorio
Aceto Balsamico IGP di Modena e Reggio, prodotto esclusivamente tipico delle nostre zone, ma con origini geografiche e nel tempo lontanissime.
L’uso di cuocere il mosto era diffuso in medio oriente già 3000 anni prima di Cristo ed esiste un dipinto egizio, attorno al 1000 a.e. in cui viene rappresentata questa cottura.
Con i Romani si ha addirittura un verbo specifico per indicare la cottura del mosto “DEFRUTARE“.
Columella, agronomo del I secolo d.c. dice che nella fattoria ideale va inserita una “cella defrutaria” dove il mosto cotto dovrà riposare per essere consumato dopo un anno, quindi con inizio di acetificazione.
Virgilio nelle Georgiche descrive una casa contadina di Mantova in cui una donna cuoce il mosto.
Quell’aceto era certamente diverso da quello che conosciamo per i diversi modi di produzione o per gli additivi eventualmente usati o addirittura per la rivoluzione dei contenitori dell’aceto che con i Romani erano anfore o doli in terracotta, poi con l’arrivo dei barbari sono arrivate le botti di legno.
Altre notizie, nel tempo , ci vengono da Donizzone raccontando che nel 1046 l’imperatore Enrico II chiede a Bonifacio di Canossa quell’aceto che a lui piaceva tanto e che si faceva nella rocca di Canossa.
Molte più notizie scritte ci vengono a partire dal 1598, anno in cui gli Este si trasferiscono da Ferrara a Modena.
La definizione di “Balsamico” compare nel 1747, perché considerato curativo per molti malanni, forse anche per la peste.
Si arriva poi al secolo scorso in cui vengono definiti disciplinari rigorosi e classificazioni di un prodotto che si può presentare con caratteristiche le più svariate, forse dovute anche al fatto che a differenza di altre produzioni tipiche (Grana) non necessita di associare più produttori, ma ogni singola persona può avventurasi nella produzione per sua passione, interesse, voglia, curiosità e ambire ad una propria specificità.