PENELOPE, IPAZIA: le eterne inaspettate

Perché proprio Penelope e Ipazia così diverse, appartenute una alla fantasia del cieco Omero e una alla società reale di Alessandria d’Egitto del IV-V sec. d.C.? Cos’è questa forzatura?
Crediamo proprio che forzatura non sia. Perché riallacciare i fili con il passato più remoto, che affonda anche nel mito, porta a scoperte incredibili, che sanno di scottante attualità, che hanno il sapore dell’oggi più di quanto non sembri, in una suggestione che alimenta la nostra coscienza e la consapevolezza di noi, del nostro  tempo. E in modo inconsueto.
Penelope grandissima tessitrice del filo del tempo “… e intanto Penelope tesse la sua tela…” canta Lorenzo Jovanotti. Questa donna ritarda la morte di Laerte, tiene in vita Itaca, inganna il Tempo facendo e disfacendo la tela. In un mondo di maschi è lei, “la più intelligente tra le donne”, così la definisce Omero, che scandisce il tempo anche per loro, determinati a sottometterla ai loro vizi e soprusi. 

Ipazia invece è reale. Scienziata, matematica, filosofa, astronoma, maestra di pensiero. Ipazia. Donna maestro, cosa inusitata nel mondo greco, è icona del libero pensiero e della laicità. Per questo suo inaudito coraggio fu ferocemente massacrata. Il suo assassinio da parte del fanatismo religioso si può definire il primo femminicidio voluto e vergognosamente perpetrato. Dice qualcosa con le violenze di oggi? Forse sì.

Penelope e Ipazia. Perché sono le eterne inaspettate?  Ce lo dirà in una sua riflessione, la relatrice Angela Marchetti.

Come mai, ci si chiederà, nel mese di marzo, a ridosso dell’8 marzo dedicato universalmente alle donne, come mai si propone un incontro su due figure femminili così lontane nel tempo e nello spazio, così estranee alla nostra cultura e ai problemi che assillano il mondo femminile di oggi inteso non solo in senso sociale, ma anche geografico? Reminiscenze scolasticheFascino per l’antico, suggestioni del mitologico? anacronistico e forzato recupero di immagini e tempi remoti?

Perché proprio Penelope e Ipazia così diverse, appartenute una alla fantasia del cieco Omero e una alla società reale di Alessandria d’Egitto del IV-V sec. d.C.? Cos’è questa forzatura?
Crediamo proprio che forzatura non sia. Perché riallacciare i fili con il passato più remoto, che affonda anche nel mito, porta a scoperte incredibili, che sanno di scottante attualità, che hanno il sapore dell’oggi più di quanto non sembri, in una suggestione che alimenta la nostra coscienza e la consapevolezza di noi, del nostro  tempo. E in modo inconsueto.
Penelope grandissima tessitrice del filo del tempo “… e intanto Penelope tesse la sua tela…” canta Lorenzo Jovanotti. Questa donna ritarda la morte di Laerte, tiene in vita Itaca, inganna il Tempo facendo e disfacendo la tela. In un mondo di maschi è lei, “la più intelligente tra le donne”, così la definisce Omero, che scandisce il tempo anche per loro, determinati a sottometterla ai loro vizi e soprusi. 

Ipazia invece è reale. Scienziata, matematica, filosofa, astronoma, maestra di pensiero. Ipazia. Donna maestro, cosa inusitata nel mondo greco, è icona del libero pensiero e della laicità. Per questo suo inaudito coraggio fu ferocemente massacrata. Il suo assassinio da parte del fanatismo religioso si può definire il primo femminicidio voluto e vergognosamente perpetrato. Dice qualcosa con le violenze di oggi? Forse sì.

Penelope e Ipazia. Perché sono le eterne inaspettate?  Ce lo dirà in una sua riflessione, la relatrice Angela Marchetti a Montecchio Emilia.

La bellezza oggi fonte di un nuovo rinascimento

Bellezza e Rinascimento. Un binomio inscindibile che ci rimanda alla più grande rivoluzione culturale di tutti i tempi. 

Siamo agli inizi del ‘400 (ma già sul finire del ‘300) quando prende avvio una rinascita culturale e artistica che avrebbe raggiunto il suo splendore nella prima metà del ‘500. 

Avrebbe anche, attraverso le sue fasi Umanesimo-Rinascimento, consapevolmente chiuso un’epoca inquieta come il Medioevo (ricca peraltro di cultura e dinamismo, contrariamente a quanto per lungo tempo sostenuto nell’ ottica di una “età di mezzo” tra antichità e Umanesimo) e aperto un’età nuova fatta dalla centralità dell’uomo, nel recupero della classicità, del mondo antico sempre più nella sua interezza culturale, non solo nei suoi modelli formali, ma anche nei suoi valori etici, politici, culturali: una rinascita dunque vera e propria con il protagonismo dell’Uomo

La Bellezza. Per secoli è stata oggetto delle riflessioni di studiosi e filosofi ; spesso si associa la Bellezza ad un ambito puramente estetico, ad un Bello soggettivo, o addirittura ad una dimensione metafisica. 

Oggi gli studi scientifici che si interfacciano con le discipline umanistiche occupandosi anch’essi della Bellezza, hanno dimostrato che nel cervello esiste un Bello oggettivo comune, universale che trova sede in centri e percorsi ad esso dedicati. 

La Bellezza è in grado di attraversare i secoli, i continenti, parla un linguaggio universale. 

Il motivo è anche biologico: di fronte a qualcosa di bello il cervello umano attiva dei meccanismi che le nuove scoperte in ambitoneuroestetico hanno evidenziato

Ma già gli antichi Greci parlavano di “Bello e Buono”, in cui il bello viene associato indissolubilmente alla morale umana e viceversa. Dunque, ora come allora, la Bellezza ha a che fare direttamente con una dimensione etica, intrinsecamente legata a quella politica e culturale.

Oggi viviamo un periodo drammatico di guerre, di violenza, di sopraffazioni, di diseguaglianze. 

Si dovrebbe chiudere quest’epoca di sofferenze e aprirne una nuova di armonia, e di pace.

Dunque, il passo è logico se non proprio breve: se la Bellezza dà speranza, entusiasmo, emozione e forza, per nessun altro l’affermazione del titolo dell’incontro “La Bellezza oggi fonte di un nuovo Rinascimento” è calzante quanto per noi, vissuti per secoli nella Bellezza che ci ha distillato Bellezza,  immersi nello stupefacente patrimonio artistico-culturale- operativo del nostro Paese.  Possiamo “voltare pagina” e affrontare le sfide di oggi in e per un nuovo Rinascimento? 

Ne parliamo, in un imperdibile incontro, con il dott. Gianfranco Marchesi il 25 Febbraio. 

Associazione Culturale Vicedomini-Cavezzi, Bruno Barani, Sala della Rocca, Castello, Montecchio Emilia

Paesaggi sospesi,

dodici piccole opere in esposizione un giorno

Il giorno 11 Febbraio 2023, alle ore 16,30 nel quadro delle iniziative culturali programmate dalla Associazione Culturale “Vicedomini-Cavezzi ”e in piena armonia con gli scopi espressi nel progetto culturale della stessa, si terrà l’incontro con l’arch. Artista Bruno Barani che presenterà “ PAESAGGI SOSPESI” dodici piccole opere in esposizione un giorno, nello spazio adiacente la Sala della Rocca.

La manifestazione pubblica in Sala della Rocca sarà presentata da: Sandro Parmiggiani – critico d’arte e Primo Giroldini – regista.

Bruno Barani nato a Montecchio Emilia nel 1952, risiede nel vicino borgo oltretorrente di Montechiarugolo – PR – dal 1985. Si è laureato in architettura presso l’Università di Firenze nel 1978.

Per comprendere la sua formazione artistica bisogna ripercorrere la sua infanzia e in particolare la sua frequenza delle Scuole Medie di Montecchio, dove ha incontrato insegnanti come William Catellani che ha avuto una grande influenza nello sviluppo della sua sensibilità e del costante avvicinamento al fare artistico, Francesco Spaggiari, uomo di profonda cultura; Maria Teresa Morelli, l’insegnante di Lettere a cui Bruno deve la profonda conoscenza e l’amore per Giacomo Leopardi.

Nella prosecuzione degli studi presso il Liceo Classico “Ariosto”di Reggio E., Bruno ha sempre mantenuto uno stretto rapporto con gli amici e la realtà montecchiese. Questo è continuato anche durante la frequenza dell’Università a Firenze, frequenza quasi interamente effettuata come pendolare giornaliero.

Bruno con la moglie Manuela nel 1982 apre uno studio grafico a Montechiarugolo. Questa è una fase molto importante non solo per l’aspetto umano, fondamentale per la sua vita, ma anche per il felice binomio delle due formazioni artistiche che si incontrano e armoniosamente si fondono.

Dall’elegante catalogo del 1992 -Mostra tenuta a Montecchio -Francesco Spaggiari scrive: ” C’è un’armonia sottile nei grafismi di Manuela e Bruno. C’è una lama di dura luce intellettuale che sta all’entrata nel loro mondo di segni/sogni. I caratteri si allineano, si accorpano, si distendono nella giustezza della comunicazione, nella tranquillità della carta, nella zona luminosa di colore………………C’è, per chi lo sa respirare, il soffio dell’arte”.   

Nella Mostra del 2007 Bruno, ricorrendo alla tecnica, per lui elettiva del Collage ha realizzato profili di città favolose abbinando frammenti di carte di vario colore e texture.

Per definire Bruno Barani Artista vale la pena soffermarsi sui suoi cicli di opere seguendo il filo delle Mostre in cui sono sati presentati.

2017 – Castello Medievale: vengono presentati 2 suoi cicli “ La ricerca lignea” e “Da un gomitolo di spago”, ciascuno costituito da 11 opere.

2017 – La Mostra che si apre successivamente nella Galleria Spazio Aperto di Reggio Emilia presenta dodici collages su carta, fissati e protetti da uno strato di colla vnavil e montati su tavole di bambù.

2018 – Castello di Montechiarugolo : Mostra antologica dei suoi lavori “Orizzonti” come riassunto e riflessioni necessarie prima di proiettarsi verso nuove esperienze.

2019 – Mostra “Profeti in patria presso Casa Cavezzi di Montecchio Emilia.

2022 – Mostra a Palazzo Marchi di Parma “Verso la luce”, 12 Opere 40×30.

Programma 2023 aggiornato:

Continua la stagione culturale della Associazione

Continua anche il nostro viaggio con gli amici di Telereggio e Reggionline sulla informazione/comunicazione. Lo scorso anno abbiamo trattato il fenomeno fake news, nel programma di quest’anno cerchiamo di affrontare un tema altrettanto importante la paura.
Siamo da tempo immersi in fatti che forse credevamo ormai impossibili per noi: la pandemia e la guerra.
La pandemia ci ha scosso, abbiamo avuto paura. Non pensavamo di poterci trovare in una situazione simile, in pochi mesi, tutto il mondo colpito dallo stesso virus, mortale, impotenti, senza difese. In casa per settimane, esposti per più di un anno ad un virus con un’unica difesa: una mascherina davanti alla bocca. La paura era reale e diffusa in tutto il mondo.
La guerra l’abbiamo vissuta anche un po’ di anni fa nella vicina ex Jugoslavia, ma quella dell’Ucraina con l’invasione Russa ha colto di sorpresa il mondo intero e la sentiamo molto vicina a noi, anche qui il senso di paura è diffuso, sicuramente in tutta Europa, ma anche il resto del mondo non è indifferente.
Con il Direttore di Telereggio Mattia Mariani e il Direttore di reggionline Davide Bianchini, si cercherà di analizzare come e quanto il linguaggio della paura, la paura del linguaggio condizionino anche la comunicazione.

Pier Paolo Pasolini, Il Vangelo secondo Matteo.

A cent’anni o poco più dalla nascita, nel marzo 2022, vogliamo ricordare Pier Paolo Pasolini in una delle sue grandi opere cinematografiche, un capolavoro, anzi il suo capolavoro sacro : “ Il Vangelo secondo Matteo” uscito nel 1964, girato in Italia tra Lazio, Puglia, Calabria, Basilicata, in particolare tra i Sassi e gli abitanti di Matera, dedicato a Papa Giovanni XXIII°.

 Profonda l’emozione di fronte alla lettura pasoliniana del Vangelo assolutamente fedele al testo di Matteo e ispirata dall’intuizione della bellezza pura, immediata, totale del testo evangelico, bellezza che l’Autore vuole far vibrare anche in chi è spettatore. Pasolini, lui, l’ateo marxista da sempre affascinato e segnato dalla dimensione del sacro, del divino che domina il Vangelo. 

Film intriso di poesia, opera lirica, come d’altra parte tutto il suo cinema a cui si è affacciato “con gli occhi di un pittore” permeato della grande pittura toscana da Piero della Francesca a Mantegna, oltre che di un poeta; “ il segreto della sua originalità sta proprio nella poesia” dice di lui Dacia Maraini. Poesia mistica quella de “Il Vangelo secondo Matteo” che si esprime parimenti nella componente musicale della colonna sonora fondamentale nel film, di altissima suggestione, nell’intensità dei silenzi e dei rumori ambientali, tra la musica colta di Bach, Mozart e la musica popolare, etnica, religiosa, che sta a evidenziare il valore universale del discorso evangelico e la fremente umanità e divinità di Cristo. 

Musica e immagini convivono in osmosi in un impasto di poesia, pittura, suono e bellezza pura, non mediata del testo evangelico. Una delle opere più affascinanti ed emozionanti del Cinema.



Associazione Culturale "VICEDOMINI-CAVEZZI"

Vicolo Timavo - 42027 Montecchio Emilia REGGIO EMILIA
Tel. 338-7969489

info@vicedomini-cavezzi.it

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